Graziano Mesina, chi è il capo del banditismo sardo

03 lug 2020
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Non si toccano donne e bambini, ma le offese si lavano con il sangue. Erano le regole di Graziano Mesina, per gli amici Grazianeddu. Da un anno era tornato a vivere ad Orgosolo, il paesino in provincia di Nuoro nel cuore del Supramonte, teatro di sanguinose faide, dove tutto era iniziato. Il capo indiscusso del banditismo sardo, nonostante l'obbligo di dimora, si è allontanato dalla sua casa. “Umanamente è una la vicenda che dispiace, pare giusto che la giustizia faccia il suo corso”. Per gli avvocati è irreperibile solo perché vive senza telefonino. A 14 anni finisce in cella per la prima volta e diventa famoso per le sue rocambolesche fughe: 10 evasioni riuscite delle 22 tentate, una di queste saltando da un treno in corsa. Con i sequestri di persona tra gli anni '60 e '80 accumula una serie di condanne. Una vita trascorsa per metà in carcere, in tutto 40 anni. Nel '92 torna in Sardegna e si occupa del sequestro del piccolo Farouk Kassam. Anche per il suo ruolo di mediatore, nel 2004 ottiene la grazia dall'allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Nella sua prima uscita da uomo libero, appassionato di calcio, va allo stadio di Cagliari dove abbraccia in tribuna Luigi Riva. Più avanti arrivano altre condanne per traffico internazionale di droga e associazione per delinquere. Dallo scorso giugno, per decorrenza dei termini di custodia cautelare, era tornato in libertà.

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