La prima inchiesta si era chiusa con un’archiviazione: cosa nostra solo sfiorata, prove ritenute insufficienti e un movente debole. L’avvocato Enzo Fragalà è stato ucciso per le avances alla donna di un detenuto vicino ai boss, aveva detto una collaboratrice di giustizia. Notizie false, messe in giro solo per sviare le indagini, hanno ricostruito poi gli investigatori. A sette anni dall’omicidio, la svolta. Il penalista ed ex parlamentare è stato ammazzato perché dava fastidio alla mafia, perché convinceva i suoi clienti a collaborare con lo Stato. Ne è convinta la Procura di Palermo, che ha chiesto e ottenuto l’arresto di sei persone: Francesco Arcuri, boss del mandamento di Porta Nuova, accusato di essere il promotore dell’agguato; Paolo Cocco e Francesco Castronovo, considerati gli esecutori materiali; e ancora, i mafiosi Antonio Abate, Salvatore Ingrassia e Antonio Siragusa, già coinvolti nella prima indagine, in carcere per altri reati. Secondo i magistrati palermitani si sono occupati della logistica e della copertura dei killer. I sei si sarebbero mossi dopo un ordine partito dal carcere dal boss Gregorio di Giovanni, contro cui, però, per mancanza di riscontri, non sono stati emessi nuovi provvedimenti. Fondamentale la testimonianza del collaboratore di giustizia Francesco Chiarello: “Dice, in una sua dichiarazione, che ormai il noto penalista era considerato uno sbirro e, dico io, un uomo che senza divisa si preoccupava di raggiungere la verità, a difesa appunto della giustizia e della legalità”. Ad avallare le dichiarazioni di Chiarello, anche intercettazioni ambientali e telefoniche come queste, in cui Castronovo confessa: “ho scansato l’indagine”, o quest’altra in cui l’altro picciotto Cocco dice alla moglie “può darsi che mi vengano a cercare per il fatto dell’omicidio”. È il 23 febbraio 2010, quando a Palermo, a due passi dal suo studio, l’avvocato Enzo Fragalà viene aggredito a colpi di bastone. Morirà qualche giorno dopo in ospedale. Per il procuratore Francesco Lo Voi è tutto chiaro: i mafiosi volevano dare una lezione, un segnale, a tutta l’avvocatura palermitana.