I nodi da sciogliere sono tanti, così come gli interrogativi che ruotano intorno ai decessi avvenuti all'interno delle residenze per anziani lombarde, in cui i contagi toccano quota 7000. E' per questa ragione che i tanti filoni di indagine nella maxi inchiesta della Procura di Milano, avviata per epidemia e omicidio colposo, con al centro una ventina di Rsa, corrono su un doppio binario. Da una parte si cerca di capire se ci siano state falle o carenze nella gestione interna alle strutture in cui si sono moltiplicati i contagi, così come denunciato da molti lavoratori e familiari. A questo sono serviti perquisizioni e sequestri avvenuti negli ultimi giorni al Pio Albergo Trivulzio prima, e all'Istituto Palazzolo Don Gnocchi poi. Dall'altra parte sotto la lente di ingrandimento degli investigatori ci sono i documenti di gestione della Regione Lombardia e le indicazioni dell'Ats, l'Agenzia di tutela della salute, sedi anche queste oggetto di acquisizioni. Non solo la delibera regionale dell' 8 marzo, quella che di fatto ha dato il via al trasferimento di pazienti Covid nelle Rsa, seppure a certe condizioni, al fine di alleggerire la pressione sugli ospedali. Tra le carte che in queste ore stanno studiando gli investigatori ci sono anche convenzioni già in atto da tempo sulle degenze nelle case di riposo di anziani provenienti da strutture sanitarie. È questo un altro aspetto da chiarire. Bisognerà capire cioè se i pazienti trasferiti presso le Rsa e considerati puliti, quindi non ufficialmente Covid ma a cui non era mai stato fatto un tampone, possano anche loro aver contribuito a innescare la miccia all'interno delle residenze, dove per definizione vivono soggetti fragili. Da verificare poi anche quanti e quali trasferimenti sarebbero avvenuti anche dopo il divampare dell'epidemia. Infine c'è la questione dei presidi sanitari e delle mascherine di cui alcuni lavoratori hanno denunciato non solo l'assenza, ma anche le indicazioni a non utilizzarli. Dalla Fondazione Don Gnocchi e dal Pat si puntualizza però che la disposizione data ai dipendenti era di fare un uso razionale delle poche mascherine che in quei giorni erano a disposizione, così come suggerito allora dall'Iss.