Strage di Capaci, parla la vedova del caposcorta di Falcone

23 mag 2021
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Sono passati 29 anni da quel 23 maggio e da questo ufficio, l'Ufficio Scorte, suo marito è uscito per l'ultima volta per andare a prendere il Giudice Falcone. Come si vivono questi momenti? "Devo dire si vivono sempre male, con tristezza, perché sì, sono passati 29 anni, però io ho sempre cercato di tenere vivo il ricordo, la memoria, quindi è chiaro che, insomma, si vivono male. Poi specialmente quando sono qui all'Ufficio Scorte, no? Che Antonio, insomma, ricordo quel giorno che è andato via dicendo vado via prima, vado a mangiare in caserma, vado a prendere le armi e la macchina e poi vado in aeroporto. E quindi è l'ultimo posto dove è stato. Poi qui ci sono i colleghi che lo conoscono bene. Comunque c'è qui.. ci sentiamo un po' meno soli insieme ai suoi colleghi". Quello della memoria ormai sta diventando anche un mestiere perché bisogna far capire a chi non ha vissuto queste cose cosa è successo e perché queste persone hanno pagato con la vita il loro impegno. "Sì perché la memoria è impegno e quindi sacrifici, cioè.. ore che togli alla tua famiglia, però va fatto, perché io dico sempre che mio marito ha fatto un giuramento alla Polizia di Stato, io l'ho fatto quando ho sposato mio marito, quel giuramento, e quindi devi portare avanti il suo impegno e devi fare capire a questi giovani di oggi, anche se sono dei giovani liberi, che comunque questa libertà di esprimersi gliel'hanno data quegli uomini, perché a quei tempi non c'era tutta questa libertà. Quegli uomini li devono vedere sempre come esempio anche perché noi che siamo di Palermo, cresciuti a Palermo, e i palermitani, insomma, sicuramente me ne daranno atto, che era un periodo storico sicuramente che non è quello di oggi e quindi se vogliamo pensare a quei ragazzi ricordiamoci la grande scelta di vita che hanno fatto e a quei tempi hanno deciso da che parte stare". In tutti questi anni ci sono state tante inchieste. La verità, forse, ancora non si è raggiunta, perché? "Perché qualcuno non la vuole fare venire fuori la verità. Perché noi abbiamo 29 anni, insomma, di processi e ancora non sappiamo insomma questi processi quando finiranno e quindi noi, insomma, siamo sempre qui perché ci crediamo. Crediamo nello Stato, crediamo, insomma, nella Magistratura, quindi è chiaro che noi aspettiamo questa verità però a volte ti dà la sensazione che non vogliono fare venire fuori la verità e che tra l'altro, insomma, la cosa più triste è che noi, insomma, continuiamo con i processi per la ricerca della verità e con tante, insomma, discussioni sul fatto che oggi si parla tanto del carcere ostativo e tanti mafiosi dovrebbero uscire. Queste sono le cose che fanno più male". C'è un messaggio che vuole lanciare ai giovani? "I giovani devono essere diversi dai propri genitori. I giovani devono avere più coraggio. I giovani devono dire sempre "no" alla mafia, capire da che parte devono stare, devono essere curiosi ma proprio devono essere diversi e anche migliori dei loro genitori". È facile dire no alla mafia adesso. Era più difficile dirlo 29 anni fa? "Sì, è facile dirlo oggi proprio perché quegli uomini hanno dato la vita, hanno dato a noi questa possibilità e questa libertà, ecco perché non li dobbiamo mai dimenticare". Lei ha fatto anche una scelta coraggiosa perché ha deciso di non andare via da Palermo, lei che di Palermo non è. "Sì, e nemmeno mio marito era palermitano e ha dato la vita in questa città. Ma io ho avuto anche un figlio, Giovanni, che tutti sappiamo perché si chiama Giovanni, e che è nato in questa città. La mia presenza in questa città deve sempre dire tutto anche senza aprire bocca. Ho sempre sostenuto che le mogli dei poliziotti in questa città devono andare a testa alta e schiena dritta".

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