"È una bambina che ho cresciuto quando era piccolina, poi ha tentato la sua vita lì in Ucraina e adesso riviene per sempre". "Perchè per sempre? No. È da sola? Viaggia sola?". "Sì". "Resterà con lei? Lei è come se fosse una mamma, una nonna?. "Mamma, nonna, tutto". Aspettano. Nella notte di Roma, aspettano per ore al freddo e l'angoscia si scioglie soltanto quando il bus arriva. Ne scendono piano con cautela gli anziani e poi le donne, soltanto donne con i loro bambini. Tre giorni e due notti di viaggio per arrivare qui. Da Ternopil, Leopoli, ... Lì la guerra, vicino al confine con la Polonia, non è ancora arrivata, ma la paura sì e chi può fugge comunque. "Da noi, nostra città tutto bene adesso. Ma non sappiamo per quanto". "Non sappiamo che succede domani. Io ho paura comunque sto con i bambini piccoli, è il nostro futuro quindi, non mi va che perdono la vita la". "Io sto aspettando la figlia e la mamma". Chi arriva qui ha già un posto dove stare, quasi tutti hanno parenti, amici, italiani e ucraini che mettono a disposizione quello che hanno. Ormai da giorni nella sede dell'associazione italo-ucraina, bus arrivano con il loro carico di sofferenza, poi ripartono con gli aiuti destinati a chi è rimasto. "Mi ha sorpreso la disponibilità delle famiglie italiane. La solidarietà manifestata in tutti i modi nei nostri confronti, in questo dramma." Negli occhi mille domande e la necessità di comprendere una parola che è una realtà, profughi. Perché è questo che migliaia di ucraini sono diventati in poche ore, in pochi giorni, all'improvviso. La vita intera dentro una valigia e un solo unico pensiero. "Questa guerra che non serve più. Vogliamo tutti pace, tutti, tutti, tutti. Speriamo.".























