Ancora non ci siamo, spiegano fonti diplomatiche, un accordo questo fine settimana non è garantito. Per questo fino all'ultimo vanno avanti trattative e incontri con l'Italia, che tenta di fare squadra con gli altri Paesi del sud. Il principale ostacolo resta l'Olanda, ormai l'unico tra i paesi cosiddetti “frugali”, a puntare i piedi chiedendo il diritto di veto sull'approvazione e sul successivo monitoraggio dei piani di riforma nazionali da portare avanti in cambio dei fondi. Al momento questo sembra lo scoglio principale per chiudere un accordo, mentre più fattibile sembra la possibilità di un compromesso dei 27 sulle cifre del Recovery Fund, la composizione tra sussidi e prestiti, la durata dei finanziamenti, la ripartizione tra i Paesi, oltre alle varie poste del bilancio pluriennale. In fondo gli stessi “frugali” hanno i propri interessi da portare avanti, come gli sconti sui contributi da versare ogni anno a Bruxelles, privilegio di cui godono da tempo e a cui non vogliono certo rinunciare. E anche la stessa Ungheria, che promette battaglia sul principio di legare i fondi europei al rispetto dello Stato di diritto, potrebbe poi ammansirsi in cambio di qualche soldo in più. “Il momento è adesso”, ripete il Presidente del Consiglio europeo Charles Michel e in effetti più di una cancelleria teme che un’eventuale pausa, con successivo rinvio di qualche giorno o qualche settimana, potrebbe essere controproducente e allontanerebbe la possibilità di un'intesa.