Soffia il vento della protesta sulle elezioni presidenziali algerine, le prime dopo le dimissioni obbligate di Abdelaziz Bouteflika, alla guida del Paese per vent'anni. Elezioni, queste, segnate da un pesante astensionismo perché giudicate da vasti strati della popolazione come non libere e una mera riproposizione del passato. Alle ultime elezioni l'affluenza era stata poco sopra il 30%. Tra i cinque candidati in lizza non c'è nessuno che rappresenti un'effettiva volontà di cambiamento, quattro su cinque sono stati Ministri sotto la Presidenza Bouteflika. “No alle elezioni, non siamo i figli della Francia e diciamo no a queste elezioni” dice Farid “Questa banda è la stessa del regime di Bouteflika. Sono tutti con Bouteflika” gli fa eco Ismail. Il movimento in Iraq continua a scendere in piazza. Per 42 settimane consecutive ha continuato a boicottare questo voto e a chiedere elezioni, solo dopo un effettivo ricambio del sistema di potere. Il professore Nassad Dhabi è un attivista politico e un'insegnante universitario. “Siamo arrivati a queste elezioni seguendo l’agenda di quelli al potere, senza andare incontro a nessuna delle condizioni che il movimento di protesta aveva posto, che gli algerini avevano posto, e queste condizioni erano far calmare la situazione, liberare i prigionieri politici e assicurare la libertà di stampa”. Con l'approssimarsi delle elezioni, Amnesty International ha denunciato l’aumento della repressione nei confronti delle proteste, che ha dato luogo ad arresti di massa, sgomberi di manifestazioni pacifiche e procedimenti giudiziari nei confronti di decine di attivisti. Il quotidiano francofono Libertè, ha deciso così di rappresentare, ironicamente, la situazione attuale nel Paese.