Adesso si prepara la battaglia finale, quella tra le truppe curdo-arabe delle forze democratiche siriane, appoggiate dagli Stati Uniti, e i circa 250, forse 300, foreign fighters, che hanno rifiutato l’accordo per l’evacuazione. Combatteranno fino alla fine - hanno fatto sapere -, gli altri, tutti siriani, miliziani dello stato islamico, se ne sono già andati, fuggiti, probabilmente verso Deir el-Zor, attraverso un salvacondotto garantito dall’accordo trovato sabato notte con i capi militari; un patto che non piaceva a tutti, ma che ha evitato un sicuro bagno di sangue; in cambio si garantiva l’evacuazione degli ultimi 3000 civili, che venivano tenuti in ostaggio, usati come scudi umani. Decine di autobus hanno abbandonato la città di notte, ma il sospetto è che tra le loro file si nascondessero anche alcuni jihaidisti, arrivati da Paesi stranieri per difendere la roccaforte del Califfato; un dubbio diventato certezza dopo le accuse di un membro del consiglio civile di Raqqa, che ha denunciato come anche da alcuni stranieri sia stato concesso di lasciare la città in sicurezza. Non a caso, mentre gli Stati Uniti avevano subito accettato l’accordo, temendo per la vita dei civili, la Francia si era detta subito contraria, col sospetto fondato che tra loro si nascondessero alcune delle menti degli attentati di Parigi. Ora, evacuati tutti i civili rimasti, Raqqa diventa campo di battaglia; le truppe avanzano tra i palazzi sventrati dai bombardamenti, senza luce né acqua ormai da giugno, quando è partito l’assedio alla capitale del Califfato; per tre anni la città è stata il cuore militare, logistico e amministrativo dell’Isis, divenendo il centro di reclutamento di militanti e foreign fighters, gli ultimi rimasti.