Due crisi di governo nell'arco di sei mesi, appena tre ne sono passati da quando Michel Barnier si è insediato come primo ministro francese e già il suo percorso sembra che stia per interrompersi. L'occasione è parlamentare: lunedì Barnier ha deciso di porre la fiducia sulla legge di bilancio sul Welfare prendendo il rischio che le opposizioni presentassero una mozione di sfiducia tra martedì e mercoledì. Sia la sinistra di Melanchon che la destra di Le Pen sono pronti a farlo. Il Parlamento dovrà esprimersi entro le 48 ore successive; servono i due terzi dei voti dell'assemblea nazionale per sfiduciare il governo asticella alla portata della sinistra, dell' estrema destra se uniti come sembrano. Questione di numeri, quei numeri che sono stati problematici fin dall'inizio del mandato per Barnier supportato da una maggioranza soltanto relativa nata sull'impegno del Rassemblement Nationale a non giocare contro. Con la manovra però il partito di Marine Le Pen e Jordan Bardella ha cambiato strategia. Ha posto delle condizioni al governo minacciando di votare la sfiducia insieme alla sinistra. Barnier ha ceduto su diversi punti dicendosi sempre aperto al dialogo ma nelle ultime ore i compromessi non sono più bastati. Ad ora, la sfiducia del governo sembra inevitabile. Da Costituzione seguiranno le dimissioni presentate a Macron che dovrà nominare un nuovo primo ministro mentre Barnier porterà avanti gli affari correnti. A meno che non ci siano colpi di scena in Parlamento che non può essere sciolto almeno fino a luglio o all'eliseo dato già la sinistra chiede che a dimettersi non sia solo il governo ma anche il presidente Macron. Non un toccasana per l'immagine internazionale del paese che già fa i conti con un debito pubblico mostre. Tanto che la situazione a Parigi viene seguita con attenzione in tutta l'eurozona.