Da una parte all'altra del mondo è ancora una volta il rincaro di un bene di largo consumo a infiammare le piazze e a provocare scontri sanguinosi. L'ultimo Paese in ordine di tempo ad essere colpito da questo fenomeno è l'Iran. Il bilancio delle vittime delle proteste che vanno avanti da venerdì scorso continua ad aggravarsi col passare dei giorni. Alcune fonti parlano addirittura di diverse decine di persone che avrebbero perso la vita. Alla base della rivolta popolare il rincaro del carburante, miccia di un malessere decisamente più profondo e che il regime degli Ayatollah ha voluto etichettare come una campagna orchestrata dalle forze imperialiste. In altre parole, dagli USA. Mosca si è schierata al fianco di Teheran. “La diffusione delle proteste”, ha fatto sapere il Cremlino, “potrebbe essere stata alimentata da forze straniere”. I Pasdaran, ovvero il potente corpo delle guardie della rivoluzione islamica, hanno avvisato che saranno implacabili con chiunque crei insicurezza nel Paese. “I recenti incidenti” hanno scritto in una nota, “sono stati provocati dai malvagi funzionari USA, oltre che dai criminali Mujahideen del popolo e dall'ignobile famiglia del post-Scià dell'Iran, Reza Pahlavi”. Nonostante gli interventi delle autorità e gli annunci di un imminente ritorno alla calma nella Repubblica islamica, anche nelle ultime ore si sono avute manifestazioni in diverse città, tra cui Shiraz ed Esfahan. Scuole e Università rimarranno chiuse in molti centri fino a mercoledì. Da oltre 24 ore le connessioni internet risultano fortemente limitate, anche per ostacolare la comunicazione tra i manifestanti.