L'esercito di Assad appoggia le truppe curde contro l'aggressione turca. Un annuncio arrivato nella notte siriana che riporta quella destinata a passare alla storia come la guerra del secolo all'anno zero, all'inizio del 2011, quando il Paese si rivoltò contro Assad per rovesciarlo. Otto anni dopo, migliaia di vittime dopo, milioni di profughi dopo è ancora Bashar Al-Assad l'ago della bilancia. I suoi soldati sono già schierati al confine nord, quella linea che separa la Siria dalla Turchia, lungo la quale si sta combattendo da mercoledì scorso, quando Ankara ha sferrato il primo attacco. È così che i curdi hanno risposto al tradimento americano, come è stato chiamato il ritiro delle truppe USA dal campo, tendendo la mano ad Assad e al suo alleato, la Russia. Nel più complicato scacchiere geopolitico internazionale, però, resta sullo sfondo lo spettro del Califfato, quel Daesh, che sembrava sconfitto, potrebbe tornare, più forte di prima, nel caos siriano, se è vero che almeno 800 i terroristi sono fuggiti da un campo di detenzione e che migliaia dei loro familiari sono stati abbandonati al loro destino, in una zona finita sotto le bombe di Ankara. Sotto le stesse bombe ha perso la vita anche chi racconta la guerra. Almeno due i reporter uccisi nelle ultime ore, diversi quelli feriti in varie zone del Paese. Mentre la comunità internazionale si interroga sul da farsi, arrivano sui social le immagini del corpo straziato di Hevrin Khalaf 35 anni, ingegnere e attivista, leader del partito Futuro Siriano, trucidata insieme al suo autista e altre otto persone, lungo un'autostrada, dopo essere stata prelevata dalle milizie sostenute della Turchia.