Per chi ha vissuto i bombardamenti e la guerra il terremoto è soltanto un'altra sciagura, la professoressa Pucci dirige l'équipe dell'università di Firenze, che dal 2020 si occupa del restauro e della collezione monumentale del Museo nazionale di Aleppo. "Alcuni colleghi hanno lasciato le loro abitazioni per mettersi in aree, diciamo così, più protette. Prendono questa cosa con uno spirito più di rassegnazione, perché già c'è stata una serie di catastrofi, questa si è aggiunta ulteriormente a una condizione che non era certo ideale. Il territorio ha una storia, preistoria anche, lontanissima nel tempo, è un territorio, quindi adesso sto parlandosia della parte siriana che di quella turca, perché è un'area omogenea da un punto di vista paesaggistico e anche archeologico, ha visto insediamenti fin dal 6.000 A.C., continuativamente abitati". L'Italia ha diverse missioni nella zona, c'è ancora molto da scavare e da conoscere. Dal 2019 ha ripreso le attività di ricerca in Siria, ma l'embargo impedisce di portare a termine alcune operazioni, anche da un punto di vista infrastrutturale. La sovrintendenza siriana, ha già cominciato a documentare i siti danneggiati per evitare altre perdite, ma rispetto alla Turchia le relazioni internazionali sono più complesse e il flusso mediatico si concentra altrove. "È diventata il simbolo di questo terremoto la fortezza di Gaziantep, che cosa significa per quel territorio?" "Adesso ha un fortissimo impatto, proprio visivo, psicologico, sulla lunga portata sarà una, verosimilmente delle cose più semplici da rimettere in piedi, rispetto ad altre cose che adesso fanno meno scalpore".