Il futuro dell'Ucraina è in Europa, lo hanno dichiarato a più riprese i vertici delle istituzioni comunitarie. Ma quanto è vicino questo futuro? Kiev ha chiesto di entrare nell'Unione il 28 febbraio, a pochi giorni dall'invasione russa. Nella visita dell'8 aprile, Ursula Von Der Leyen ha consegnato a Zelensky il questionario di adesione, compilato nel giro di una settimana. Ora mancano il parere della Commissione e del Consiglio Europeo che potrebbero riconoscere lo status di paese candidato già al summit del 23 e 24 giugno. La Bosnia è bloccata dal 2016 in questa fase, la prima di 4, idem per Moldavia e Georgia che hanno seguito l'Ucraina. Al secondo passo sono arrivate Turchia, Macedonia, Montenegro, Serbia e Albania. La candidatura è ufficializzata dal voto dell'Europarlamento, poi cominciano le trattative per armonizzare la legge nazionale a quella europea. Le materie sono 35, dallo stato di diritto al mercato del lavoro. Possono volerci anni, in media quasi 5. Il processo si conclude con la ratifica del Consiglio, del Parlamento Europeo e di quelli di tutti e 27 gli stati membri. Strasburgo va più veloce degli esecutivi nazionali, il primo marzo ha chiesto a larghissima maggioranza di riconoscere subito l'Ucraina come candidato. Favorevoli all'accelerazione i paesi nordici orientali, tra cui le tre repubbliche baltiche, a frenare oltre al blocco del Benelux, due pezzi da 90 come Germania e Francia. L'Eliseo, già criticato per i contatti con Mosca, ha pronosticato una tempistica di 15-20 anni. Berlino auspica soprattutto un ritorno alla normalità economica. L'Italia cerca di mediare, come sul sesto pacchetto di sanzioni ancora appese ad equilibrismi interni e veti. Kiev spera si faccia presto, potrebbe restare delusa. L'attendismo di alcuni governi europei rischia di favorire il Cremlino.