Sembra quasi la giornata dell'Italia. Al Consiglio Europeo di Budapest c'è Giorgia Meloni ma c'è anche Mario Draghi, il cui report per la competitività diventa la base per discutere di come affrontare l'era Trump. Per l'ex Premier può essere anche un'opportunità, una sorta di sveglia per l'Europa per attuare quel processo di trasformazione di cui da tanto tempo si parla: dalla difesa comune all'autonomia strategica. Un passaggio che fa suo anche Giorgia Meloni, convinta che l'Europa più che preoccuparsi di Trump debba preoccuparsi di sé stessa. "Noi sappiamo che cosa dobbiamo fare. La grande domanda alla quale dobbiamo rispondere adesso è se davvero vogliamo dare gli strumenti agli Stati membri per centrare gli obiettivi e le strategie che ci poniamo di fronte, e su tutte la questione delle risorse è certamente la questione che va affrontata". Considera Elon Musk un valore aggiunto per l'America, ma non solo. Sull'Ucraina la posizione non cambia, parlare di pace non vuol dire mettere in discussione il sostegno a Kiev. Sul 2% da dedicare alla Difesa chiama in causa l'Europa: servono nuovi strumenti per non togliere risorse ai cittadini per le armi, margini che per Draghi già esistono. "È possibile, è possibile. Bisognerà prendere tutta una serie di decisioni, questo è inutile dire se è possibile o meno. Oggi bisogna decidere cosa fare perché questa è la nuova situazione. L'aspetto poi, i soldi si trovano". Le polemiche di casa inseguono Meloni anche alla Puskás Aréna. La battuta sulla mancanza di tutele sindacali e l'obbligo di lavorare anche malata hanno aperto l'ennesimo scontro con le opposizioni. "Mi dispiace che anche su questo si riesca a fare una polemica su una cosa completamente inutile. Non so cosa si intende per svilire i diritti sindacali che questo governo difende molto meglio della sinistra al caviale".