Qualsiasi concessione fatta a Putin sarebbe inaccettabile per l'Ucraina e suicida per l'Europa. Così Volodymyr Zelensky parla ai leader europei riuniti a Budapest. "Noi ci difendiamo non dalle parole russe", dice Zelensky, "ma dai loro attacchi. Quindi abbiamo bisogno di un numero sufficiente di armi, non di sostegno ai negoziati. Gli abbracci con Putin non aiuteranno". Zelensky ha poi aggiunto che deve essere l'Ucraina a decidere come porre fine a questa guerra. In sintesi, all'indomani dell'elezione di Donald Trump, il Presidente ucraino non cambia posizione e detta una linea che sembra sempre più irrealistica viste le prospettive presenti sul campo di battaglia, con la Russia che avanza quasi ovunque, e future a livello diplomatico, con il Presidente eletto degli Stati Uniti, che in campagna elettorale lo ha definito il più grande venditore della storia, per la capacità di ottenere nuove armi ad ogni visita negli Stati Uniti. Lo stesso Zelensky, che ha sentito Trump, ha anche ammesso di non sapere quali saranno le sue azioni nonostante la conversazione sia stata produttiva. A seguire Zelensky non è di certo il Presidente di turno dell'Unione Europea Viktor Orban, che più volte si è schierato contro l'invio delle armi a Kiev, ma che ha ammesso, come ancora oggi, una larga maggioranza dei Paesi europei sia a favore della guerra. Linea confermato dal Presidente francese Macron, per il qual l'interesse europeo è che la Russia non vinca questa guerra. Quindi l'Europa deve aiutare l'Ucraina a resistere contro l'aggressione. Anche se dovesse venire meno il sostegno americano. Sul fronte russo invece il Presidente Putin è l'unico, tra i grandi leader del mondo, a non essersi congratulato con Trump, anche se il Cremlino non esclude possano esserci contatti con il Presidente eletto, prima del suo insediamento il 20 gennaio. A parlare è invece il Ministro degli Esteri Lavrov, suo sodale dall'inizio dell'esperienza politica, che spiega come la Russia sia pronta a dialogare con gli Stati Uniti, ma che l'iniziativa deve venire da Washington, perché non è stata la Russia a interrompere le relazioni diplomatiche. Come dire, se volete noi ci siamo, ma alle nostre condizioni.