Le tante testimonianze di migranti transitati per i famigerati lager libici non lasciano spazio a dubbi. Najeem Osama Al Masri Habish è un criminale, assassino e torturatore, capo non solo della polizia giudiziaria del paese nordafricano ma anche di più centri di detenzione ufficiali ed è Almasri a gestire inoltre una parte cospicua del lucroso e spietato traffico di esseri umani, che transitano e spesso muoiono in Libia. Da qui l'ordine di cattura internazionale della Corte penale dell'Aja per crimini contro l'umanità e crimini di guerra, puniti con la pena massima dell'ergastolo, Corte penale internazionale che ora chiede chiarimenti al Governo italiano, che al momento si giustifica parlando di errore di procedura. Tutto inizia sabato scorso proprio nel capoluogo piemontese dove allo stadio ad assistere alla partita Juve vs Milan c'è anche Almasri, insieme a altri tre uomini libici, arrivato con un'auto a noleggio presa in Germania e da riconsegnare a Fiumicino. La Polizia di Stato lo arresta in albergo e nella notte lo porta nel carcere delle Vallette. La notizia dell'arresto diventa pubblica solo lunedì ma nel frattempo la polizia giudiziaria libica ne ha chiesto l'immediata scarcerazione e in 24 ore c'è la sospetta coincidenza di un rapido aumento degli sbarchi dalla Libia sulle nostre coste. La convalida dell'arresto è di competenza della Corte d'Appello di Roma ma per formulare la richiesta, il procuratore generale attende un segnale dal Ministro della Giustizia Nordio, che però solo alle 16 di martedì fa sapere di essere impegnato nella valutazione per la trasmissione degli atti alla Procura Generale di Roma. Nelle stesse ore un Falcon dell'intelligence è già pronto a Torino per riportare Almasri a Tripoli, solo alle 20 del medesimo giorno la Corte di Appello di Roma comunica che l'arresto non può essere convalidato perché irrituale. Il guardasigilli spiega non ha fatto arrivare alcuna richiesta e il procuratore non può procedere con l'accusa. Intanto Almasri è stato scarcerato ed atterra in Libia con il Falcon italiano, proprio in quell'aeroporto di Mitiga, ricostruito grazie anche ai lavori forzati dei migranti prigionieri dei suoi lager.