Energie per l'Italia, prima convention a Roma

01 apr 2017
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Si chiude con la Sinfonia dal Nuovo Mondo di  Antonín Dvořák la convention fondativa di Energie per l’Italia. E il movimento fondato da Stefano Parisi, entra ufficialmente nell’agone politico. Il Nuovo Mondo è quello di una sala piena di gente – chi organizza parla di 3-4.000 presenti – che non sembra essere stata colpita duramente dalla crisi, e ha voglia di politica e di politiche genuinamente di destra, ma diverse da quelle di Le Pen e Trump, così di moda. In un’ora abbondante di discorso, Parisi definisce la sua creatura liberale, popolare, riformista e federalista, e vuole dichiaratamente rappresentare il popolo di centrodestra, arrabbiato con la politica anche della sua stessa parte. Fissa una data, l’8 ottobre per chiamare quel popolo a un voto nazionale, una consultazione aperta, e per contarsi, per scegliere un leader, ma guai a chiamarle primarie: “In questo caso sono un voto popolare per costruire un movimento politico, perché il movimento politico abbia una sua base popolare forte”. La destra di Energie per l’Italia è europeista, molto liberale in economia: Stato ridotto, energie private, il problema lavoro che si risolve favorendo soprattutto chi lo crea, le imprese. Reagan, Thatcher, ma anche il Berlusconi del 1994. Ora Forza Italia è incapace di rigenerarsi, dice più volte Parisi. Il target di Energie per l’Italia è giocoforza, però, l’elettorato azzurro, anche quello perso per strada. Anche se Parisi non lo ammette: “L’elettorato di Berlusconi è di Berlusconi, nessuno lo toccherà finché Berlusconi vorrà candidarsi”. Caustico con Renzi: “il disastro delle sue politiche non lo abbiamo ancora visto”, dice, e severo con Gentiloni: “non segua il suo predecessore nella corsa alle urne, o consegnerà il Paese a Di Maio”, ammonisce. Energie per l’Italia è a favore del sistema proporzionale, ma contro i capilista bloccati, ed è movimento aperto, ma non a chi governa con il Pd. Anche se, spettatore interessato in sala, tra i pochi politici, c’è Maurizio Sacconi. L’8 ottobre servirà a capire se Parisi è l’ennesimo alfiere perdente del pensiero liberale in Italia, o un leader su cui il centrodestra può o deve contare.

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