Logichee tattiche politiche accompagnano gli avvenimenti di una settimana cruciale. Da una parte sembra si sia sciolto il nodo della riforma del Mes, dall'altra non si sblocca la spinosa questione del recovery plan, cioè di come si sta organizzando l'Italia per gestire i denari che dovrebbero arrivare dall'Europa. La struttura che si dovrebbe occupare di tutto ciò messa in campo da Conte viene ovviamente difesa dallo stesso premier, attaccata invece duramente dalle opposizioni che parlano di struttura parallela che sa quasi di colpo di stato ma anche, ed è questo il punto, bocciata da un pezzo della maggioranza e in modo che sembra perentorio. Noi non vogliamo limitarci a rammendare un vestito, noi vogliamo vestire l'Italia di un abito nuovo che sia in grado di contenere ed esaltare la sua grandezza, la sua forza, le sue enormi potenzialità. Dire di sì all'istituzione di questa struttura è un'offesa alle regole del gioco sulla legge di bilancio, due: è una follia istituzionale, perché non puoi sostituire il le sedute parlamentari con le dirette Facebook, non puoi sostituire il Governo con le task force. Questione Mes: dopo giorni di tira e molla interni ai 5 stelle, praticamente a ridosso del prossimo voto in Parlamento, la maggioranza ha trovato un'intesa complessiva su una risoluzione che potrebbe avere i numeri per passare, visto che gli stessi 5 stelle che c'hanno tanto lavorato si dicono soddisfatti della formula trovata che impegnerebbe il Governo a ribadire in Europa che va bene la riforma del Mes, ma ci vuole la logica di pacchetto e quindi non può considerarsi conclusiva. Mentre Italia Viva dice che metterà la sua firma dopo aver sentito Conte, le opposizioni parlano di soluzione ridicola e ribadiscono la linea del no. Quando la maggioranza deve esprimere un'autosufficienza di natura politica, noi non facciamo da stampella.