È una fiducia amara quella incassata dalla manovra correttiva del Governo. A Montecitorio la coperta è corta: sono 315 i voti a favore, un voto in meno della maggioranza assoluta fissata a quota 316, 142 i voti contrari e 5 astenuti. A sfilarsi ci hanno pensato Mdp e Udc. I bersaniani hanno fatto mancare 35 voti, 4 i centristi, astenuti anche quattro deputati di Scelta civica-ALA e uno del Gruppo misto. Numeri che potrebbero trasformare il Senato in un campo minato per l’Esecutivo dove i margini per la maggioranza sono molto più stretti, anche se a Palazzo Madama l’ostacolo potrebbe essere aggirato se i senatori uscissero dall’Aula abbassando il quorum. Sarebbe invece diverso se si astenessero perché al Senato l’astensione vale come voto contrario. Per la maggioranza pallottolieri in affanno che testimonia il nervosismo dei bersaniani che sui contratti di prestazione occasionale, declinazione 2.0 dei vecchi voucher prima aboliti dal Governo e poi rientrati nella manovra, sono pronti a salire sulle barricate per difendere la vocazione laburista del nuovo movimento. Centristi in fibrillazione per le grandi manovre sulla legge elettorale alla tedesca con sbarramento al 5% che, come si deduce dal botta e risposta tra Matteo Renzi e il leader di Alternativa popolare Angelino Alfano, è un arcipelago in grande difficoltà. Nel corso dell’esame alla Camera la manovra si è arricchita di capitoli come la riduzione di 140.000 slot machine, la web tax transitoria per convincere i colossi del web a pagare le tasse in Italia, il prestito-ponte da 600 milioni per Alitalia e i paletti al bail-in per proteggere anche chi ha dato i suoi risparmi ai fondi pensione.