L'America vota e l'Europa sta a guardare in silenzio ma tutt'altro che disinteressata. Questa elezione d'oltreoceano potrebbe essere la più importante degli ultimi decenni, potrebbe cambiare la politica internazionali, rapporti tra Stati Uniti ed Europa, il futuro di conflitti ed alleanze. La maggior parte degli Europei tifa per Kamala Harris, lo dicono i sondaggi, lo dicono le dichiarazioni fatte nei giorni scorsi dai leader e dai vertici istituzionali europei ed è diretta conseguenza di ciò che i due candidati hanno annunciato in campagna elettorale. Trump minaccia di alzare i dazi di importazione dei prodotti europei, spingerebbe quelli cinesi ancora di più verso il vecchio continente e non promette affatto di continuare a sostenere la lotta ucraina contro l'invasione russa; parla anzi di una pace dai contorni però molto vaghi. Harris appare in tutto ciò in continuità con l'amministrazione Biden. Sarebbe quindi meno dirompente per l'economia e la sicurezza europea. Una cosa però a Bruxelles e nelle altre capitali europee è chiaro a tutti che indipendentemente da chi vinca, l'America si sta progressivamente allontanando, sta lasciando l'Europa sempre più sola, presa da altri interessi e competizioni. Dovremmo noi imparare a difendere i nostri interessi autonomamente. Ma siccome in politica ci si muove e si sceglie anche spinti da umori, idee, affinità ideologiche, è indubbio che una fetta minoritaria ma in crescita numerica ed importante degli Europei speri in una vittoria di Trump. Sono tutti movimenti di estrema destra, i populisti reazionari, i sovranisti più radicali che sognano un mondo libero dall'ideologia Liberal, dal cosiddetto pensiero dominante politically correct: un mondo meno preoccupato di cambiamenti ambientali, diritti dei migranti e stato di diritto. Un mondo per alcuni più libero per molti altri inquietante, un mondo a cui una vittoria di Trump potrebbe aprire le porte.