La storia la racconta il secondo quotidiano argentino per importanza, La Nacion, e ha per protagonisti una coppia di uomini italiani, di cui non è stata rivelata l’identità, una donna argentina originaria di Rosario, popolosa città a 300 km da Buenos Aires e una bambina di un paio di settimane di vita, legati fra loro da un accordo di maternità surrogata. Secondo l’intesa, subito dopo la nascita, avvenuta in una clinica della capitale lo scorso 10 di ottobre, la donna avrebbe affidato la figlia alla coppia allo scopo di farla crescere in Italia. A quanto pare tutto fra loro si è svolto secondo i patti. Ma i due cittadini italiani, la settimana scorsa, sono stati fermati all’aeroporto prima dell’imbarco su un volo per Parigi mentre cercavano di tornare nel nostro Paese insieme alla bambina e alla madre surrogata. Il fermo sarebbe legato a un’indagine delle autorità locali sullo sfruttamento delle condizioni di povertà della fascia più vulnerabile della popolazione che porta coppie straniere a trovare con facilità donne disponibili a svolgere a pagamento la funzione di madri surrogate. Tanto più che in Argentina non esiste una regolamentazione esplicita del fenomeno. Che la donna avesse bisogno di soldi, del resto, appare evidente: 28 anni, senza un lavoro, senza un titolo di studio e con un’altra figlia da crescere. Gli inquirenti ipotizzano anche il prezzo dell’accordo: poco meno dell’equivalente di 10.000 euro. In queste ore si è saputo che, prima di essere fermata, la coppia italiana aveva già fatto altri tentativi di partire. La prima volta la madre si era presentata all’aeroporto con uno solo dei due italiani, dicendo di volerlo autorizzare a viaggiare da solo con la loro bimba ma le autorità dello scalo, insospettitesi, avevano negato il permesso. Al momento la piccola è stata affidata alla coppia di italiani, che nel frattempo ha affittato un appartamento a Buenos Aires. Se dunque, nel caso in questione, non c’entra la nuova legge italiana che dal 16 di ottobre considera reato universale la maternità surrogata, adesso, in base a quella legge, almeno sulla carta, i due uomini fermati in Sudamerica rischiano un procedimento penale anche a casa nostra.