La parabola di Medvedev, da progressista a falco

07 giu 2022
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24 giugno 2010. Ray's Hell Burger poco fuori Washington. Un locale popolare, alla mano dove si può pranzare con pochi dollari e consumare il classico pranzo americano: hamburger, patatine e una Cola. Una scelta che Barack Obama fece per sottolineare il nuovo rapporto di informale amicizia tra lui e il presidente della Federazione Russa Dimitry Medvedev. L'immagine di due leader più potenti del mondo seduti a chiacchierare ad un tavolo di un fast food qualsiasi, era potentissima. Ma rappresentava più una speranza che una realtà. Era la conclusione di un percorso iniziato un anno prima nel 2009 con Hillary Clinton che, da segretario di stato, aveva incontrato a Ginevra l'eterno Sergey Lavrov consegnandogli un pulsante simbolico su cui vi era scritto in russo "reset", ripartenza. Solo che la parola era quella sbagliata, voleva dire sovraccarico. Il pulsante usato era quello industriale per lo stop delle macchine. Più che una gaf, una rappresentazione della difficoltà di dialogo tra Washington e Mosca che non riuscì mai veramente a decollare. Eppure, per qualche istante, ci si era illusi che il presidente del figlio di Putin potesse davvero rappresentare una svolta. A ripensarci oggi, ci si dovrebbe chiedere i motivi di un simile abbaglio. Si certo, si presentava come un moderato, un liberale, un progressista giovane del 65 con un curriculum accademico di amministratore locale rispettabile aveva promesso riforme contro la corruzione, la lotta agli oligarchi, aveva incontrato i manager della Silicon Valley raccontando di investimenti russi per la modernizzazione del paese. Le sue mosse concrete producevano altro. Nell'agosto 2008, appena divenuto presidente aveva invaso la Georgia a sostegno delle secessioniste Abkhazia e Ossezia del Sud. Un mini conflitto che però era rivelatore dell'atteggiamento russo verso le ex Repubbliche sovietiche. Forse si sperava che si sarebbe smarcato dall'influenza del suo padre padrone, che lo aveva incaricato di ricoprire il suo posto in attesa di essere eletto. Non fu così, anzi. Diede avvio a riforme costituzionali che oggi hanno reso Vladimir Putin un presidente a vita. Oggi, il delfino, l'enfant prodige, occupa una poltrona secondaria sempre a fianco del suo mentore e si è schierato dalla parte dei falchi ,disciplinato ed ubbidiente come in realtà è sempre stato.

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