Terzo tra i luoghi sacri per i musulmani, dopo la Mecca e la Medina, la spianata delle moschee è stato ed è ancora il sito dove si accende la miccia del conflitto israelo-palestinese. Un confine sottile su cui si regge il mantenimento dello status quo, una linea rossa pericolosa che non è riuscita a fermare la provocazione del leader dell'estrema destra e ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir che il 3 gennaio ha visitato senza alcun preavviso il luogo sacro suscitando le ire del popolo palestinese che ha definito il gesto una provocazione. All'alba del 26 gennaio, dopo mesi di continue tensioni, le forze israeliane hanno fatto irruzione nel campo profughi di Jenin. La giustificazione di Tel Aviv è quella di condurre una operazione antiterrorismo volta ad eliminare alcuni militanti della jihad islamica. Ma per i palestinesi è solo un massacro. Negli scontri che ne conseguono, 10 uomini tra cui una donna e un anziano vengono uccisi. Il blitz infiamma la regione. Hamas e la Jihad minacciano vendetta mentre la ENP annuncia la fine del coordinamento di sicurezza con Israele: da questo momento in poi, non muoverà più un dito per contenere le azioni dei gruppi terroristici. Su queste premesse, si arriva all'irruzione della polizia israeliana nella Moschea di Al-Aqsa durante il mese sacro del Ramadan. La versione di Tel Aviv è che gli agenti siano stati costretti ad intervenire a causa della presenza di agitatori a volto coperto che si erano barricati nel santuario armati di pietre bastoni e fuochi d'artificio. Per i palestinesi, è solo un attacco deliberato ai fedeli musulmani. Poco più tardi, dalla Striscia di Gaza, vengono lanciati una decina di razzi, probabilmente da Hamas. L'esercito israeliano risponde con un attacco aereo. Infine, l'ultimo attacco, quello sferrato dal Libano verso Israele, il più imponente dal 2006, anno della guerra tra Israele e Hezbollah, l'organizzazione politico-militare jihadista sciita che negli ultimi 17 anni ha acquisito un ruolo sempre più centrale nel Paese, grazie all'aiuto iraniano.