Bocciato perché oggetto e finalità del quesito non sono chiari. La Consulta ha dichiarato dunque inammissibile il referendum abrogativo dell'Autonomia Differenziata perché pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell'elettore ma soprattutto perché sarebbe diventato un plebiscito su un articolo della Costituzione e non su una legge. La Corte Costituzionale ha dato invece luce verde agli altri cinque quesiti posti a giudizio. Quello che abroga e dimezza i tempi da 10 a cinque anni per richiedere la cittadinanza italiana, il referendum sull'abrogazione del Jobs Act renziano e tre quesiti sul lavoro sostenuti dalla CGIL. In attesa delle motivazioni della sentenza che dovranno arrivare entro il 10 febbraio è evidente la soddisfazione, forse il sollievo, con cui la maggioranza, in special modo la Lega, hanno accolto la decisione della consulta. Anche perché senza il traino del referndum più politico, quello sull'autonomia differenziata, la spinta e l'onda d'urto del movimento referendario rischiano di subire una sensibile battuta d'arresto. Esulta Luca Zaia, governatore del Veneto, ora avanti tutta, la decisione della consulta ci permette di proseguire con serenità aprendo un nuovo dialogo. Sulla stessa linea il presidente della Lombardia, Attilio Fontana, il tentativo di contrapporre il Nord al Sud è stato smontato dalla Corte Costituzionale. Il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, promette: costruiremo una legge equilibrata saremo garanti di una Italia unità. Nel centrosinistra però si sottolinea che l'autonomia differenziata era stata già demolita dalla alta corte sottolineano tutti i partiti che si oppongono al governo Meloni. La mobilitazione andrà avanti, annuncia il PD, ma dopo la decisione della consulta per il Parlamento, è solo quello il luogo dove si decideranno le sorti della riforma targata Lega.