Una fetta degli aiuti europei non servirà per nuovi investimenti, ma per pagarne alcuni già previsti, come dire, una quota dei denari che ci darà Bruxelles nei prossimi anni non permetterà di avviare progetti inediti, ma di finanziarne di esistenti, ma non ancora completati per i quali si erano impegnate risorse nazionali. Tutto questo si intuisce leggendo la bozza del piano col quale il Governo ha tracciato la spesa degli oltre 190 miliardi del recovery fund, la quasi totalità del programma anticrisi chiamato Next generation Eu. Si spiega infatti che i sussidi, circa 65 miliardi a fondo perduto, saranno utilizzati prevalentemente per nuovi investimenti, mentre dei 128 miliardi di prestiti a disposizione, 40 serviranno per interventi che ancora non ci sono su carta. La parte restante, circa il 45% del totale dei fondi comunitari, andrà a coprire spese oggi già previste e finanziate dal normale debito pubblico. In questo modo si dovrebbe ridurre l'impatto dei prestiti sui conti dell'erario perché le linee di credito accese con Bruxelles, avrebbero un costo più basso dei nostri titoli di Stato. Per contro, però, questo meccanismo produce molta incertezza su come saranno impiegati i denari provenienti dall'Europa. Per quanto riguarda le infrastrutture per esempio, gli oltre 23 miliardi del Recovery fund che nella bozza il Governo assegna all'alta velocità ferroviaria, alla manutenzione delle strade, sarebbero in buona parte assorbiti dai cantieri già finanziati dallo Stato, come la Napoli Bari, il terzo valico in Liguria. Almeno per i primi anni non ci sarebbero denari in più per nuove grandi opere. Risorse aggiuntive potrebbero liberarsi solo in seguito, sempre che non vengano utilizzate per altre spese.